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Trovata in Antartide l’impronta dell’acqua su Marte

Un minerale rinvenuto nelle profondità della calotta glaciale antartica potrebbe essere la chiave per ricostruire la storia delle calotte glaciali di Marte.

Una ricerca internazionale coordinata dal gruppo di glaciologia dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con il laboratorio di Houston della Nasa, il sincrotrone Diamond Light Source britannico, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), l’Università Roma Tre e l’Università di Hong Kong ha evidenziato la presenza di jarosite a grandi profondità nei ghiacciai antartici. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications.

La jarosite è un minerale composto da solfato idrato di ferro e potassio ed è stato individuato in numerosi sedimenti sulla superficie di Marte dal Rover Opportunity della Nasa nel 2004, facendo ipotizzare la presenza in epoche remote di acqua liquida, necessaria per la formazione di questo minerale.

Sulla terra la jarosite è un minerale relativamente comune, ma che si trova solo in contesti particolari che poco hanno a che fare con i ghiacciai: nei dintorni di miniere o dove si osservano elevati tassi di evaporazione che portano alla precipitazione di sali e minerali. Un terzo contesto dove è presente la jarosite è in corrispondenza delle fumarole. Fino ad oggi sulla Terra questo minerale non era mai stato associato al ghiaccio o ai ghiacciai.

Due studiosi che hanno partecipato a questo lavoro, avevano però ipotizzato che la jarosite marziana potesse essersi sviluppata all’interno di antiche calotte di ghiaccio presenti sul Pianeta Rosso, attraverso l’interazione tra pulviscolo minerale e sostanze acide di origine vulcanica.

L’ipotesi ha trovato conferma nello studio di una carota di ghiaccio lunga oltre 1600 metri che attraversa una fascia temporale di circa 300.000 anni, perforata nel sito di Talos Dome nell’Antartide Orientale. Questa carota è stata recuperata tra il 2004 e il 2007 nell’ambito del progetto TALDICE, finanziato dall’Unione Europea e con il supporto del Programma Nazionale di Ricerca in Antartide. Grazie all’impiego di diverse tecniche di analisi (spettroscopia di assorbimento di raggi-X, fluorescenza a raggi-X e microscopia elettronica a scansione e trasmissione) nella parte più profonda di questa carota antartica è stata osservata la formazione di cristalli micrometrici di jarosite. Questa osservazione dimostra che il meccanismo alla base della formazione di questo minerale è la trasformazione delle polveri minerali intrappolate a più di 1000 m di profondità nel ghiaccio a -10° C. A queste profondità l’acqua liquida è presente sotto forma di soluzioni acide concentrate.

La scoperta – afferma Giovanni Baccolo dell’Università di Milano-Bicocca – è destinata a rivoluzionare l’interpretazione dell’origine dei diffusi depositi marziani che contengono la jarosite. Sebbene oggi scomparsi, gli antichi ghiacciai marziani e il pulviscolo minerale intrappolato in essi, hanno lasciato una traccia geologica evidente sul Pianeta Rosso, testimonianza di vicende climatiche avvenute in un remoto passato”.

I Laboratori Nazionali di Frascati hanno contribuito fin dai primi anni di questa ricerca iniziata nel 2003 sia con lo sviluppo di strumentazione che con l’analisi dei dati raccolti. In particolare, è stato realizzato un sistema di manipolazione dei campioni basato su un robot a sei gradi di libertà per la movimentazione in vuoto dei campioni di ghiaccio con precisione micrometrica, un rivelatore per raggi X e un sistema di controllo della temperatura per mantenere le condizioni ottimali per le analisi su ghiaccio. Lo stesso sistema è stato utilizzato anche per lo studio della criosfera alpina, attraverso carote perforate sul Monte Rosa.

Tra gli autori dello studio, anche Augusto Marcelli, ricercatore INFN, esperto scientifico del Ministero degli Affari Esteri.

Articolo: https://www.nature.com/articles/s41467-020-20705-z

Ultima modifica: 15 Febbraio 2021