Illustration by Sandbox Studio, Chicago
Traduzione dell’articolo di Daniel Garisto apparso su Symmetry Magazine il 30/05/2017:
http://www.symmetrymagazine.org/article/a-brief-etymology-of-particle-physics
Come hanno ottenuto il loro nome il protone, il fotone e tutte le altre particelle?
Nel corso degli anni i fisici hanno assegnato un nome ai più piccoli costituenti del nostro universo.
Questo pantheon di particelle è cresciuto parallelamente allo sviluppo della fisica. Battezzare una particella non è solo utile; segna un avanzamento nella nostra comprensione del mondo che ci circonda.
L’etimologia della fisica delle particelle racconta una storia che mette in relazione questi nomi, talvolta bizzarri, ad una certa corrente di pensiero scientifico e sperimentale.
Dunque, senza ulteriori indugi, Symmetry presenta una guida dettagliata a questa etimologia – alcune particelle le abbiamo trovate, altre sono ancora da scoprire.
Nota dell’editore: PIE, per tutto, fa riferimento al Protoindoeuropeo, una delle più antiche lingue conosciute.
Particelle scoperte
IONE
Gli ioni sono atomi o molecole dotati di carica elettrica. Il termine “ione” fu coniato dal matematico del XIX secolo William Whewell, che lo elaborò per il suo contemporaneo Michael Faraday (consulta la corrispondenza), il quale fu autore di importanti scoperte nell’ambito dell’elettromagnetismo.
“Ione” deriva dal participio presente neutro del Greco ienai, “andare”, atto a descrivere l’attrazione particellare, ovvero la tendenza a muoversi verso particelle di carica opposta. Ienai trova la sua origine nel PIE ei, “andare, camminare”.
Il suffisso “-one” proviene da “ione” e compare nei nomi di numerose particelle.
FERMIONE
I fermioni (a cui appartengono il protone e l’elettrone) furono battezzati in onore del fisico Enrico Fermi. Fu quest’ultimo a sviluppare le prime formule statistiche che governano i fermioni, particelle che rispettano il principio di esclusione di Pauli, il quale afferma che certe particelle non possono occupare lo stesso stato quantistico.
LEPTONE
I leptoni sono una categoria di particelle che include elettroni, muoni, tauoni e neutrini. Secondo quanto riportato in una biografia di Abraham Pais, il nome “leptone” fu indicato quale controparte del nucleone, il nome che indica le particelle che compongono il nucleo atomico.
Il primo leptone conosciuto, l’elettrone, è molto più leggero di un nucleone. Di qui la radice della parola leptone: il Greco leptos che significa “piccolo, debole, filiforme, delicato, sottile”, il quale origina dal PIE lep, “scorza” e “leggera rasatura”. Tale radice è condivisa anche dalla parola “lebbra”, così chiamata perché si tratta di una malattia che causa l’insorgenza di croste e debolezza.
Secondo un’edizione dei Chemical Abstracts del 1920, alcuni chimici avevano suggerito di applicare il nome “leptone” a tutti gli elettroni, atomi, ioni e molecole, ma la proposta non prese piede.
ELETTRONE
Gli elettroni sono leptoni di carica negativa che orbitano attorno al nucleo dell’atomo. Il fisico del tardo XIX secolo George Stoney ideò il termine “elettrone” per descrivere ciò che in una lettera definì “la più significativa unità fondamentale dell’elettricità”.
Il termine “elettrico” venne inizialmente utilizzato – nel primo Settecento – per descrivere materiali dotati di forza attrattiva. La parola stessa deriva dal Nuovo Latino electricus, che veniva impiegata nel 1600 per indicare il potere attrattivo dell’ambra quando veniva strofinata. Electricus fu preso dal Latino electrum, proveniente dal Greco elektron, entrambi riferiti all’ambra.
MUONE
I muoni appartengono alla famiglia dei leptoni e si comportano come cugini più pesanti degli elettroni.
In una lettera apparsa sulla rivista Nature, il muone veniva chiamato originariamente “mesotrone”, dal Greco mesos, che significa “centro” o “intermedio”. Questo perché la sua massa si considerava intermedia, a metà tra quelle di elettrone e protone.
Tuttavia, furono scoperte altre particelle aventi massa compresa tra quella di elettroni e protoni e perciò “mesone” divenne il termine generico per descriverle, secondo un articolo comparso su Engineering and Science Monthly. Intorno al 1949 la prima particella fu rinominata “mesone mu”, con riferimento alla lettera greca mu (µ) (vedi articolo, iscrizione richiesta).
Più tardi, gli scienziati scoprirono delle differenze tra questo e gli altri mesoni, il che portò a riclassificare il mesone mu come un leptone e ad abbreviarne il nome in “muone”.
TAUONE
Noto anche come “la particella tau”, “leptone tau” nonché “tauone”, questa particella divenne il terzo leptone carico – dopo l’elettrone e il muone – quando fu scoperta nel 1975. Poiché si collocava al terzo posto le fu assegnato il simbolo tau (τ) corrispondente al Greco triton, che significa “terzo” (vedi documento). (Perché non lo chiamarono semplicemente “triton” rimane un mistero).
NEUTRINO
Nel 1930, il fisico Wolfgang Pauli era alle prese con il problema dell’energia perduta in un determinato tipo di decadimento. Egli propose che tale energia venisse trasportata da una particella neutra che gli scienziati non erano in grado di rivelare. Come riportato in un articolo pubblicato dall’American Institute of Physics (iscrizione richiesta), Pauli lo chiamò “neutrone”, una combinazione della radice della parola “neutro” – dal Latino neuter che significa “di nessun genere” – con il suffisso “-one”.
Tuttavia, nel 1932, fu scoperta un’altra particella neutra e anch’essa fu chiamata “neutrone.” Questo secondo neutrone era pesante e si trovava all’interno del nucleo. Nel 1933, il fisico Enrico Fermi scoprì l’originaria particella descritta da Pauli. Per distinguerla dal secondo neutrone, di massa maggiore, aggiunse al nome il suffisso diminutivo italiano “-ino”.
I neutrini esistono in tre varianti (sapori) corrispondenti ai loro cugini leptoni carichi: elettrone, muone e tauone.
QUARK
I quark sono le particelle elementari che formano gli adroni, quali protoni e neutroni, nonché particelle più esotiche e stati della materia come il quark-gluon plasma. Essi furono proposti simultaneamente da Murray Gell-Mann e George Zweig (il quale voleva chiamarli “assi”), e ulteriori tipologie di quark vennero scoperte durante il resto del XX secolo da numerosi gruppi di ricerca.
Nel suo celebre saggio Il Quark e il Giaguaro Gell-Man scrive, a proposito del nome:
Nel 1963, quando assegnai il nome “quark” ai costituenti fondamentali del nucleone, mi venne in mente prima di tutto il suono, privo di spelling, che avrebbe potuto essere “kwork”. Poi, nel corso di una delle mie periodiche letture di Finnegans Wake, di James Joyce, m’imbattei nella parola “quark” contenuta nella frase “Three quarks for Muster Mark”.
Poiché “quark” (che indica, in primo luogo, il grido del gabbiano) era stato scelto chiaramente per far rima con “Mark,” nonché con “bark” e altre parole simili, dovevo trovare una giustificazione per pronunciarlo “kwork.” Ma il romanzo dipinge il sogno del gestore di un pub di nome Humphrey Chimpden Earwicker. Tipicamente, i vocaboli presenti nel testo sono costruiti mescolando diverse fonti, come le parole “portmanteau” di Alice attraverso lo specchio. Di tanto in tanto nel libro s’incontrano frasi che in parte richiamano le ordinazioni dei clienti.
Ragionai, perciò, che forse una delle molteplici fonti dell’esclamazione “Three quarks for Muster Mark” era “Tre quarti per il Signor Mark”, nel qual caso la pronuncia “kwork” non sarebbe stata del tutto immotivata.
Ad ogni modo, il numero tre corrispondeva perfettamente alle diverse modalità in cui i quark si presentano in natura.
Alcuni accademici sospettano che il quark dell’epopea joyciana derivi dal Tedesco quark, ossia un tipo di cagliata. Questo, a sua volta, deriva probabilmente dai modi per esprime il verbo “to form” (“formare”) nelle lingue slave occidentali – con un potenziale riferimento al latte che si solidifica e diventa caglio. Per una strana coincidenza, “formare” è anche il ruolo (non caseario) dei quark come costituenti principali della materia.
I fisici hanno scoperto sei tipi di quark, detti “up”, “down”, “strange”, “charm”, “top” e “bottom”.
quark up e down: Gell-Mann denominò questi quark nel 1964, in base al loro isospin “su” e “giù”, una proprietà quantistica delle particelle connessa alla forza nucleare forte.
strange: Diversamente dai quark up e down, i quark strange furono osservati prima dello sviluppo del modello a quark, quali costituenti di particelle composite chiamate kaoni. Tali particelle furono giudicate “strane” perché avevano una vita insolitamente lunga, dato che alcuni dei loro decadimenti si verificavano tramite la forza debole. Gell-Man le battezzò così nel 1964.
charm: Il charm quark fu predetto da Sheldon Glashow e James Bjorken nel 1964. Come spiegarono in un articolo del New York Times: “Abbiamo chiamato il nostro costrutto ‘charmed quark’ perché eravamo affascinati e compiaciuti della simmetria che essi apportavano al mondo subnucleare”. “Charm”, con il significato di “dono della piacevolezza”, deriva dal Latino carmen, “canzone, verso, incanto”.
top e bottom: I fisici Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa predissero l’esistenza degli ultimi due tipi di quark nel 1973, ma non assegnarono un nome alle nuove particelle. Molti scienziati, in maniera ufficiosa, li chiamarono “truth” e “beauty”.
In un articolo del 1975, il fisico Haim Harari diede loro dei nomi destinati a rimanere. Per conservare le iniziali “t” e “b” e creare delle adeguate controparti rispetto ai quark up e down, Harari li battezzò quark “top” e “bottom”.
BOSONE
I bosoni presero il nome dal fisico Satyendra Nath Bose, il quale, insieme ad Albert Einstein, elaborò una teoria che spiegava questo tipo di particella, che aveva spin intero e perciò non obbediva al principio di esclusione di Pauli. I bosoni, per questo motivo, possono esistere sostanzialmente uno sull’altro o in sovrapposizione. Il lavoro di Bose, che sviluppa la teoria dei bosoni – categoria che comprende particelle portatrici di forza come i fotoni e i gluoni – è parte integrante del Modello Standard.
FOTONI
I fotoni sono talvolta chiamati particelle di luce. Come osservato dallo storico della scienza Helge Kragh, malgrado l’idea di una particella di luce (opposta all’onda luminosa) fosse già circolata per più di due decadi all’epoca dell’articolo fondamentale di Einstein sull’effetto fotoelettrico, del 1905, a tale fenomeno non corrispondeva ancora un nome comunemente accettato. Il termine “fotone” fu accettato ufficialmente nel 1927, dopo che Arthur Compton vinse il Nobel per la scoperta della diffusione Compton, un fenomeno che dimostrò in maniera inconfutabile che la luce era quantizzata.
L’origine moderna dell’idea di luce come particella risale al 1901. Il fisico Max Planck scrisse di “pacchetti di energia” come quanti, dal Latino quantum, che significa “quanto”.
Ciò fu ripreso da Albert Einstein, il quale fece riferimento a “pacchetti d’onda” di luce separati con l’espressione das Lichtquant o “il quanto di luce” (vedi documento, in tedesco).
Il primo uso noto della parola “fotone” si attribuisce al fisico e psicologo Leonard Troland, che la utilizzò nel 1916 per descrivere un’unità di illuminazione per la retina. Fotone deriva infatti dal Greco phos, “luce,” dal PIE bha “brillare”.
Cinque anni dopo, il fisico irlandese John Joly ricorse alla stessa parola per descrivere “l’unità di percezione luminosa” creata dalla corteccia cerebrale, nel suo tentativo di elaborare una “teoria quantistica della visione”.
Nel 1924 la utilizzò un biochimico francese e, nel 1926, fu un fisico francese a servirsene. Ma il nome non prese piede presso la comunità scientifica fino a pochi mesi più tardi, quando il chimico-fisico americano Gilbert Lewis (celebre per la scoperta del legame covalente) cominciò a usarlo.
Così come descritto in Progress in Optics, il concetto di fotone di Lewis appare fondamentalmente diverso da quello di Einstein – innanzitutto, Gilbert postulò, in maniera errata, che il numero dei fotoni era una quantità conservata. Tuttavia, il termine alla fine rimase e da quel momento fu usato correntemente.
BOSONE DI HIGGS
Il bosone di Higgs è la particella associata al campo che conferisce la massa ad alcune particelle elementari. Fu chiamato “Higgs” in onore del teorico britannico Peter Higgs, il quale ne previde l’esistenza nel 1964.
Però, Higgs non fu l’unico teorico a contribuire alla teoria di questa particella. La sua previsione può essere attribuita anche ad altri studiosi, inclusi Robert Brout, Francois Englert, Philip Anderson, Gerald Guralnik, Carl Hagen, Tom Kibble e Gerard ‘t Hooft.
Essa fu definita anche particella di “Brout-Englert-Higgs”, di “Anderson-Higgs”, nonché di “Englert-Brout-Higgs-Guralnik-Hagen-Kibble” o particella “ABEGHHK’tH”.
Secondo un articolo apparso su Nature, quest’ampia lista di nomi fu ridotta da teorici quali Benjamin Lee, che utilizzò la definizione di “Higgs,” e da Steven Weinberg, il quale in un articolo (iscrizione richiesta) fece riferimento – per errore – a Higgs come a colui che aveva fornito la prima teoria in grado di spiegare perché alcune particelle sono dotate di massa.
Nello sforzo di indirizzare il sostegno popolare a favore della ricerca del bosone di Higgs, il fisico Leon Lederman la soprannominò “Particella di Dio.” Dal canto suo, il teorico Higgs spesso si riferì ad essa come al “bosone scalare” o la “cosiddetta particella di Higgs”.
BOSONE W
Particelle portatrici di forza nucleare debole nelle interazioni tra correnti elettriche, i bosoni W furono per la prima volta previsti e battezzati in un articolo (iscrizione richiesta) del 1960. Probabilmente i bosoni W prendono il nome dalla forza nucleare debole, così chiamata in quanto l’intensità del suo campo su una data distanza è molto più debole di quella prodotta dalla forza nucleare forte e da quella elettromagnetica. La parola weak deriva dall’Antico Norreno veikr, “debole”, con potenziali origini risalenti al PIE weik, “piegare, avvolgere”.
BOSONE Z
Come i bosoni W, i bosoni Z sono i mediatori della forza nucleare debole. A differenza dei primi, i bosoni Z non hanno carica, per cui gli scambi di bosoni Z vengono definiti “interazioni tra correnti neutre”.
Quando Sheldon Glashow teorizzò la loro esistenza, in un articolo del 1961, egli non fornì spiegazioni circa il nome. Alcune teorie sostengono che la Z stia per “zero” a causa del carattere neutro della corrente. Zero affonda le sue radici nell’Italiano zero, che deriva dal Latino Medievale zephirum. Il matematico italiano Leonardo Fibonacci coniò il termine zephirum, col significato di “zero”, dall’Arabo sifr, “nulla”. Sifr è verosimilmente la traduzione del Sanscrito sunya-m, “spazio vuoto, deserto”.
GLUONE
I gluoni sono i mediatori della forza forte, che tiene insieme il nucleo atomico. Le interazioni che avvengono tramite forza forte possono essere pensate come scambi di gluoni.
Apparentemente i gluoni furono chiamati così per le loro proprietà simili alla colla e la loro capacità di tenere insieme il nucleo (vedi documento, iscrizione richiesta). “Colla” deriva dal Francese Antico glu e affonda le sue radici nel Latino gluten, “incollare”, che è alla base della parola glutine, la “parte azotata del grano”. Non esistono però alimenti “gluon-free”.
ADRONE
Il termine “adrone” fu coniato nel corso della Conferenza Internazionale sulla Fisica delle Alte Energie del 1962 (vedi report), in riferimento ai partner pesanti dei leptoni. Adrone deriva dal Greco hadros, ovvero “spesso, pesante, massiccio”. Più tardi si scoprì che gli adroni erano particelle composte da quark e circondate da una nebbia di gluoni.
BARIONE
I barioni sono una tipologia di adroni composta da tre quark tenuti insieme da gluoni. Protoni e neutroni, che formano il nucleo di un atomo, sono entrambi dei barioni.
Il termine “barione” apparve nel 1953, quando il fisico Abraham Pais lo propose in un articolo quale nome per i nucleoni e altre particelle pesanti. Esso deriva da barys, che in Greco sta per “pesante.”
PROTONE
Il protone è uno dei tre costituenti dell’atomo, insieme ai neutroni e agli elettroni.
Secondo un articolo pubblicato nella rivista American Journal of Physics (iscrizione richiesta), il fisico Ernest Rutherford suggerì questo nome in onore dello scienziato del XIX secolo William Prout, il quale, nel 1816, aveva proposto di chiamare l’atomo di idrogeno “protile”, dal Greco protos, “primo”, e hýlē, “sostanza”. Prout credeva che l’idrogeno fosse l’atomo costituente di tutti gli altri elementi.
Prout fu poi smentito, ma Rutherford avanzò l’idea di chiamare la particella da lui scoperta “protone” – dall’ipotetica particella di Prout – o “proutone” – dal nome stesso di Prout. Rutherford e altri scienziati optarono infine per il termine protone, la cui radice affondava anch’essa nel Greco protos.
NEUTRONE
I neutroni sono particelle composte di quark up e down. Secondo una lettera pubblicata su Nature, non è chiaro chi per primo tra i fisici William Harkins ed Ernest Rutherford si riferì al nucleone elettricamente neutro con il termine “neutrone”. Si sa per certo, però, che entrambi usarono lo stesso nome per la medesima particella nel 1921, probabilmente attingendo in ogni caso all’etimologia della radice della parola “neutrale”.
MESONE
I mesoni sono particelle composte da un quark e da un antiquark.
Inizialmente i mesoni venivano definiti “elettroni pesanti” – dal momento che le loro masse erano intermedie tra quelle del protone e dell’elettrone – o “particelle U”, per la loro natura sconosciuta (unknown), o ancora “particelle di Yukawa” dal fisico Hideki Yukawa, che per primo li teorizzò nel 1935. In passato, il termine mesoni fu anche utilizzato impropriamente con riferimento ai bosoni.
Carl Anderson e Seth Neddermeyer, co-scopritori del muone, suggerirono di chiamare la particella “mesotrone”, dalla parola Greca mesos, “centro,” per via della loro massa intermedia. Nel 1939, il fisico Homi J. Bhabha, considerato il padre della fisica nucleare in India, propose in un articolo (iscrizione richiesta) la versione abbreviata “mesone”.
I nomi di molti mesoni, quali kaoni e pioni, sono semplicemente delle contrazioni derivate delle lettere usate per identificarli (mesone K, mesone Pi).
ANTIMATERIA
Le particelle di materia hanno dei partner di antimateria: particelle di uguale massa, ma con carica elettrica e spin opposti. Quando una coppia di particelle di materia e antimateria s’incontrano, si annichilano l’un l’altra.
Nel 1928, il teorico Paul Dirac teorizzò in un articolo quello che chiamò “l’anti-elettrone”, la prima ipotetica particella di antimateria. Tuttavia, quando Carl Anderson scoprì la particella nel 1932, la battezzò “positrone”, in riferimento alla sua carica positiva. (Secondo un articolo della fisica teorica Cecilia Jarlskog, un gruppo internazionale di fisici suggerì, nel 1948, che il positrone fosse chiamato “positone” e che l’elettrone venisse rinominato “negatone”, ma l’idea non venne accolta).
Intorno al 1937, il prefisso “anti-” originariamente introdotto da Dirac tornò a essere utilizzato per descrivere particelle come il positrone (vedi articolo, iscrizione richiesta).
Forse il primo riferimento all’antimateria modernamente intesa si ebbe nel 1948 (vedi articolo, iscrizione richiesta). È probabile che ci sia voluto così tanto tempo per giungere alla definizione di un termine generico per via del numero limitato di particelle e antiparticelle scoperte fino ad allora.
Il primo vero utilizzo del termine risale al 1898, in una lettera piuttosto bizzarra pubblicata su Nature (iscrizione richiesta) la quale suggeriva l’esistenza di materia dotata di “gravità negativa”.
Il prefisso “anti-“ deriva dal Greco anti, ossia “contro, opposto a, contrario di, invece”. La parola “materia”, col significato di “sostanza fisica,” è un costrutto del XIV secolo proveniente da materie, “soggetto del pensiero, discorso o espressione”, che deriva a sua volta dal Latino material o “sostanza di cui qualcosa si compone”. Quest’ultima discende dal Latino mater, “origine, fonte, madre”.
Particelle ipotetiche
ASSIONE
Gli assioni sono particelle ipotetiche candidate per la dark matter la quale, si pensa, costituisca la maggior parte della massa nell’universo. In occasione di una conferenza Nobel, Frank Wilczek dichiarò di averli chiamati con “il nome di un detersivo per il bucato, poiché eliminano un problema”.
Si tratta del “problema di CP nell’interazione forte”, ovvero la questione irrisolta sul perché le interazioni tra quark e quelle tra antiquark sembrano seguire le stesse regole.
CAMALEONTE
La particella camaleonte è una particella ipotetica di energia oscura.
La parola “camaleonte” deriva dal termine Greco affine khamaileon, la cui radice, khamai, significa “a terra.” L’altra radice, leon, significa leone; dunque “leone di terra”. Ma il nome camaleonte è stato scelto in base alla caratteristica distintiva di quel tipo di lucertola. In un articolo del 2003 (iscrizione richiesta), i fisici Justin Khoury e Amanda Weltman proposero e battezzarono la particella in questione, le cui proprietà fisiche dipenderebbero dall’ambiente in cui si trova.
GRAVITONE
Il gravitone, la non ancora osservata particella associata alla forza di gravità, è una delle più antiche particelle ipotetiche (vedi documento, in Russo). Prende il nome dall’Inglese “gravity”, che deriva a sua volta dal Francese Antico gravité ovvero “serietà, raccoglimento.” La radice latina gravis – “pesante” – fu riadattata per uso scientifico come gravità nel XVII secolo per intendere “peso”.
Il primo utilizzo del termine risale forse al testo filosofico del 1644 Two Treatises: of Bodies and of Man’s Soul. Ci sarebbero voluti altri quaranta lunghi anni prima che Isaac Newton rendesse la gravità matematicamente rigorosa nel suo Principia.
MAJORONE
Nella fisica delle particelle “il numero leptonico” è la differenza tra il numero di leptoni e quello di antileptoni che partecipano a una reazione. Per quanto ne sappiamo, il numero leptonico è conservato durante un’interazione.
Un majorone è un ipotetico tipo di bosone proposto come soluzione di problemi con la conservazione del numero leptonico che si ritiene sussistano in alcune collisioni ad alta energia (vedi documento, iscrizione richiesta). Il nome deriva dai fermioni di Majorana, battezzati in onore del fisico Ettore Majorana, il quale ipotizzò l’esistenza di particelle aventi se stesse come antiparticelle. “Majorana” – variante di Maiorana, cognome italiano tipico della Sicilia – trae la sua origine dall’erba maggiorana, molto comune in quell’area geografica.
TACHIONE
Il termine fu indicato in un articolo del 1967 (iscrizione richiesta) per denominare ipotetiche particelle più veloci della luce; i tachioni prendono infatti il nome dal Greco takhys che sta per “rapido”.
PARTICELLE SUPERSIMMETRICHE
La Supersimmetria è una teoria che raddoppia il numero di particelle presenti nel Modello Standard della fisica delle particelle. Essa afferma che ogni particella possiede un “super” (in quanto solitamente più massivo) partner.
Sebbene la tale teoria si presenti sotto molteplici forme e tipi, e abbia richiesto molti anni per essere sviluppata, essa deve il suo nome a un articolo del 1974 (iscrizione richiesta). Super deriva da “supergauge”, termine utilizzato per descrivere l’elevata potenza dell’operatore di gauge; symmetry, in quanto si tratta di una teoria globale più che locale (vedi documento, iscrizione richiesta).
La nomenclatura delle particelle supersimmetriche fu introdotta nel 1982 in un articolo dei fisici Ian Hinchliffe e Laurence Littenberg.
Per identificare il partner supersimmetrico di un bosone si aggiunge il suffisso “-ino”. (Per esempio, il partner supersimmetrico di un fotone si chiamerebbe fotino). Per indicare il partner di un fermione si aggiunge il prefisso “s-”. (Per esempio, il partner di un muone sarebbe lo smuone).
Traduzione a cura di Camilla Paola Maglione, Ufficio Comunicazione LNF