L’esperimento PEROV ha dimostrato per la prima volta la possibilità di impiegare dei cristalli di perovkite per rilevare e tracciare singole particelle cariche di alta energia.
Nello studio recentemente pubblicato sulla rivista NANOSCALE non solo è stata osservata la sensibilità del materiale ai singoli elettroni del fascio della Beam-Test Facility dei Laboratori Nazionali di Frascati, ma anche la potenzialità di impiego come monitor e/o per la dosimetria di fasci di particelle cariche ad alta intensità.
La perovksite usata (MAPbBr3) è un semiconduttore organico-inorganico ad alto Z, già noto alle cronache sia in ambito fotovoltaico che come materiale per la rivelazione di raggi X, presenta diversi vantaggi rispetto ai semiconduttori tradizionali. I cristalli, infatti, vengono cresciuti a partire da soluzioni a temperatura ambiente con bassi costi di produzione che possono essere depositate anche su substrati flessibili (ex. sputtering). La possibilità di lavorare con tecniche microfluidiche inoltre, dimostrata dagli stessi autori, consente di produrre cristalli micrometrici direttamente su substrati come CMOS o ASICS, realizzando un sistema sensore-elettronica integrato.
In letteratura sono riportare proprietà di self-healing dopo l’esposizione a radiazione che garantirebbero ulteriore robustezza ai dispositivi che la utilizzassero come elemento attivo.
La resistenza alla radiazione, unita alla dimostrata capacità di contare e tracciare particelle cariche rendono le perovskite dei candidati per il monitoraggio ad alta dose e rateo di dose in ambito medico, ad esempio nella terapia FLASH, attualmente allo studio per il trattamento di alcuni tumori.