Il qubit è l’unità dell’informazione quantistica, una sovrapposizione di stati, utilizzato per realizzare computer quantistici. Perché non disponiamo ancora di computer quantistici? Dove sono il q(uantum)-phone, i giochi quantistici e le realtà virtuali?
Iniziamo il nostro viaggio verso i computer quantistici partendo dalla meccanica quantistica, la teoria che descrive il mondo a livello microscopico, concepita circa 100 anni fa, e che rappresenta uno dei pilastri della Fisica Moderna, assieme alla teoria della relatività. La meccanica quantistica “opera” in tutte le nostre moderne tecnologie, dal transistor, al laser, alla superconduttività.
Agli inizi del XX secolo, quando si comprese che gli atomi sono costituiti da un piccolo nucleo denso attorno al quale orbitano degli elettroni, il quadro risultava in contrasto con le leggi della natura (che oggi definiamo meccanica classica) note all’epoca.
Elettroni, con carica negativa, orbitando intorno a nuclei, di carica positiva, emetterebbero delle radiazioni, disperdendo energia in un intervallo di tempo estremamente breve, per poi collassare sul nucleo. E tuttavia gli atomi esistono e sono stabili!
La fisica atomica pose ulteriori sconcertanti domande, relativamente allo spettro atomico. Tutti questi misteri furono risolti da Niels Bohr che elaborò le basi della meccanica quantistica, postulando che gli elettroni all’interno degli atomi descrivono orbite stabili, senza emettere alcuna energia.
Assieme alla spiegazione di altri fenomeni, come l’effetto fotoelettrico da parte di Einstein e la radiazione di corpo nero di Planck, la giustificazione della stabilità degli atomi fornita da Bohr rappresenta la prima acquisizione della teoria quantistica, la quale ancora oggi accende dibattiti e discussioni, ma al contempo pone le basi per l’elaborazione di nuove tecnologie, come i computer quantistici.
Un altro significativo contributo si deve a Erwin Schrödinger, scienziato austriaco celebre per l’equazione che pubblicò nel 1926, che gli valse il Premio Nobel per la Fisica nel 1933.
L’equazione di Schrödinger è fondamentale nell’ambito della meccanica quantistica e descrive i sistemi quantistici attraverso la cosiddetta “funzione d’onda”, una funzione complessa delle coordinate spazio-temporali del sistema usata per eseguire calcoli. L’equazione di Schrödinger non ci indica quale sarà il risultato specifico di un esperimento, fornisce solo le probabilità delle possibili misurazioni: la meccanica quantistica è intrinsecamente una teoria probabilistica. Secondo la meccanica classica, conoscendo lo stato iniziale è possibile calcolare con precisione quale sarà l’esito di un’osservazione, mentre nella meccanica quantistica possiamo calcolare esclusivamente delle probabilità e non c’è modo di sapere con certezza quale sarà il risultato finale (laddove sia possibile più di un risultato). Il mondo quantistico è così distante dalla nostra esperienza quotidiana!
Proseguiamo con un esempio: il decadimento di nuclei radioattivi. La meccanica quantistica ci consente di calcolare quanti nuclei decadranno in un dato intervallo di tempo, ma non può dirci quale nucleo decadrà e quale no.
Se consideriamo un nucleo specifico, possiamo affermare che dopo un dato periodo di tempo c’è una probabilità del 50% che esso decada e il 50% di possibilità che non lo faccia. Non c’è modo di sapere di più! La funzione d’onda del sistema è una sovrapposizione di stati: nuclei decaduti e non decaduti. Quando sono possibili più risultati, la funzione d’onda è una sovrapposizione di tutti questi.
Comunque, quando realizziamo una misurazione non vediamo una sovrapposizione di stati. Il nucleo preso in considerazione è decaduto oppure no. Ciò che misuriamo è solo uno dei possibili esiti. Perciò, a seguito della misurazione la funzione d’onda del sistema “collassa” in uno dei possibili stati. Il collasso della funzione d’onda in meccanica quantistica, introdotto quale postulato, si collega al cosiddetto “problema di misura” e al celebre “paradosso del gatto di Schrödinger”, il quale innescò e continua ad alimentare innumerevoli dibattiti e discussioni, non solo in fisica ma anche nell’ambito della filosofia della scienza.
Un computer quantistico sfrutta la sovrapposizione di stati per sostituire il “bit” caratteristico degli odierni computer, che può trovarsi nello stato 0 oppure in 1, con il qubit, il quale può essere simultaneamente in entrambi gli stati, 0 e 1. Ciò renderebbe i computer quantistici in linea di principio più veloci di quelli di cui disponiamo oggi. Tuttavia, per far sì che i computer quantistici funzionino, la sovrapposizione quantistica di stati deve essere mantenuta (il più a lungo possibile). Se il sistema quantistico interagisce con altri sistemi, ad esempio con l’ambiente (molecole di gas), si verifica la decoerenza e il computer quantistico smette di funzionare: il qubit scompare!
Mantenere il sistema quantistico isolato è d’altra parte un compito arduo: persino una singola molecola d’aria può inficiare il comportamento quantistico!
Malgrado tutte le difficoltà, numerosi gruppi di lavoro in tutto il mondo impiegano varie tecnologie, come stati di spin, superconduttori, dispositivi ottici, per realizzare dei prototipi di computer quantistici con la speranza di ottenere dispositivi operativi entro i prossimi 10-20 anni.
C’è ancora un altro problema, di natura concettuale. Se per i sistemi microscopici la sovrapposizione di stati è stata dimostrata, non è ancora certo che la meccanica quantistica sia in grado di descrivere anche gli oggetti macroscopici.
Alcuni ricercatori proposero delle teorie e/o dei modelli che vanno “oltre l’attuale meccanica quantistica”, la quale sarebbe solo un caso limite di una teoria ancora da scoprire (così come la meccanica classica di Galileo e Newton è un caso limite della teoria gravitazionale di Einstein).
Chi scrive è responsabile di due progetti, uno finanziato dal Foundational Questions Institute (FQXi) (“Eventi” come li vediamo: test sperimentale dei modelli di collasso come soluzione al problema della misura) e l’altro finanziato dal Museo Storico della Fisica e Centro di Studi e Ricerche “Enrico Fermi” (Problemi aperti di Meccanica Quantistica), nell’ambito del quale si ricercano prove sperimentali di teorie al di là dell’odierna meccanica quantistica (modelli di collasso).
Molti altri studi, teorici e sperimentali, si rivolgono alla Teoria dei Quanti, sia allo scopo di comprenderla che puntando anche allo sviluppo delle tecnologie quantistiche, come il computer quantistico. In un recente articolo apparso a febbraio scorso sulla rivista Physical Review Letters, Martí Perarnau-Llobet e collaboratori hanno dimostrato, ad esempio, che i sistemi quantistici “lavorano” meglio se lasciati inosservati.
I computer quantistici pongono sfide incredibili, ma, come afferma David Deutsch (pioniere dei computer quantistici) “la computazione quantistica è un modo nuovo e più profondo di comprendere le leggi della fisica, e dunque di comprendere la realtà fisica nel suo complesso”. (Catalina Curceanu)