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Traduzione dell’articolo di Evelyn Lamb apparso su Symmetry Magazine il 24/04/2018:
https://www.symmetrymagazine.org/article/the-coevolution-of-physics-and-math
I passi in avanti nella fisica a volte richiedono un assist dal campo della matematica – e viceversa.
Nel 1912 Albert Einstein, all’epoca fisico teorico trentatreenne presso il Eidgenössische Technische Hochschule di Zurigo, era alle prese con lo sviluppo di un’estensione della sua teoria della relatività speciale.
Con la relatività speciale egli aveva codificato la relazione tra le dimensioni di spazio e tempo. Ora, a distanza di sette anni, provava a incorporare nella sua teoria gli effetti della gravità. Questa sfida – una rivoluzione sul piano della fisica destinata a soppiantare la legge di gravitazione universale di Isaac Newton e a tradursi nella teoria della relatività generale di Einstein – avrebbe richiesto alcune idee nuove.
Fortunatamente, il suo amico e collaboratore Marcel Grossmann fece la sua comparsa, come un cameriere che vi offre un’esotica e appetitosa prelibatezza (almeno nell’immaginazione iperattiva di un matematico): la geometria Riemanniana.
Questa struttura matematica, sviluppata a metà del XIX secolo dal matematico tedesco Bernhard Riemann, fu essa stessa una specie di rivoluzione, un cambiamento nel pensiero matematico: dal considerare le forme matematiche quali sottoinsiemi dello spazio tridimensionale in cui vivevano, si passò a ragionare sulle loro proprietà intrinseche. Ad esempio, una sfera può essere definita come una serie di punti in uno spazio tridimensionale che si trovano tutti alla stessa distanza da un punto centrale. Tuttavia essa può essere descritta anche come un oggetto bidimensionale avente particolari proprietà di curvatura in ogni singolo punto. Questa definizione alternativa non è essenziale per comprendere la sfera in sé, risulta però molto utile con varietà più complesse o spazi di dimensione maggiore.
All’epoca di Einstein la teoria costituiva ancora una novità, tale da non aver ancora completamente permeato la matematica; ma il caso volle che fosse proprio quel che occorreva ad Einstein. La geometria Riemanniana gli fornì la base di cui aveva bisogno per formulare le equazioni della relatività generale. Einstein e Grossman furono in grado di pubblicare i risultati del loro lavoro più avanti in quello stesso anno.
“È difficile immaginare come avrebbe potuto inventare la relatività senza l’aiuto dei matematici”, afferma Peter Woit, fisico teorico nel Dipartimento di Matematica della Columbia University.
La storia della relatività generale potrebbe far montare la testa ai matematici. In questo caso la matematica appare come un benefattore, che benedice l’arretrato mondo della fisica con le equazioni giuste al momento giusto.
Risalendo abbastanza indietro nel tempo, risulta difficile distinguere chi è un fisico e chi un matematico
Ma di certo l’interazione tra matematica e fisica è molto più complicata. Per la maggior parte della storia documentata non furono neanche discipline separate. La matematica di Antichi Greci, Egizi e Babilonesi partiva dall’assunto che viviamo in un mondo in cui distanza, tempo e gravità si comportano in un certo modo.
“Newton fu il primo fisico”, sostiene Sylvester James Gates, fisico alla Brown University. “Per raggiungere la vetta, dovette inventare una nuova parte di matematica, quella che chiamiamo calcolo.”
Il calcolo semplificò la risoluzione di alcuni problemi della geometria classica, ma la sua funzione primaria, agli occhi di Newton, era fornirgli un modo per analizzare il moto e il cambiamento che osservava nel mondo fisico. In questa storia, la matematica è forse, più che un salvatore, un maggiordomo, assunto per aiutare a mantenere l’ordine.
Anche quando fisica e matematica intrapresero percorsi distinti, le discipline risultavano strettamente connesse. “Risalendo abbastanza indietro nel tempo, risulta difficile distinguere chi è un fisico e chi un matematico,” dice Woit. (Come matematico, rimasi un tantino scandalizzato la prima volta che vidi il nome di Emmy Noether associato alla fisica! La conoscevo principalmente in relazione all’algebra astratta.)
Nel corso della loro storia, matematica e fisica hanno contribuito l’una all’altra attraverso idee significative. L’opera del matematico Hermann Weyl su oggetti matematici detti gruppi di Lie offrì una base importante per comprendere la simmetria in meccanica quantistica. Nel suo libro I Principi della Meccanica Quantistica, del 1930, il fisico teorico Paul Dirac introdusse la funzione delta di Dirac per aiutare a descrivere il concetto di particella puntiforme in fisica delle particelle – qualcosa di così piccolo da essere idealizzata con un punto. L’immagine di una funzione delta di Dirac appare come una linea orizzontale giacente lungo l’asse x di un grafico, eccetto in x = 0, nel punto in cui essa interseca l’asse y, dove esplode in una linea che punta verso l’infinito. Dirac dichiarò che l’integrale di questa funzione, la misura dell’area da essa sottesa, era uguale a 1. In senso stretto, una simile funzione non esiste, ma l’uso che ne fece Dirac finì per spronare il matematico Laurent Schwartz a sviluppare la teoria delle distribuzioni in termini matematici rigorosi. Oggi le distribuzioni sono straordinariamente utili nei settori matematici delle equazioni ordinarie e di quelle derivate parziali.
Sebbene i moderni ricercatori restringano sempre più il focus del proprio lavoro, il confine tra fisica e matematica rimane sfuocato. Un fisico ha vinto la Medaglia Fields, una delle più prestigiose onorificenze nel mondo della matematica. E un matematico, Maxim Kontsevich, ha vinto il Breakthrough Prizes sia in matematica che in fisica. È possibile seguire seminari su teoria quantistica dei campi, buchi neri e teoria delle stringhe tanto nei dipartimenti di matematica quanto in quelli di fisica. Dal 2011, la conferenza annuale String Math ha spinto matematici e fisici a lavorare insieme su argomenti di teoria quantistica dei campi e delle stringhe che si trovano al confine tra le rispettive discipline.
La teoria delle stringhe è forse il migliore tra i recenti esempi di interazione tra matematica e fisica, per ragioni che alla fine ci riportano ad Einstein e alla questione della gravità.
La teoria delle stringhe è una struttura teorica in cui le particelle puntiformi di Dirac divengono oggetti unidimensionali, detti stringhe. Parte della descrizione teorica alla base di quelle stringhe corrisponde ai gravitoni, ipotetiche particelle portatrici della forza di gravità.
La maggior parte degli umani affermerebbe di percepire l’universo come avente tre dimensioni spaziali e una dimensione temporale. Ma la teoria delle stringhe vive in 10 dimensioni. Nel 1984, mentre il numero di fisici che si occupavano di teoria delle stringhe si moltiplicava, un gruppo di ricercatori, tra cui Edward Witten – il fisico a cui, più tardi, fu conferita la Medaglia Fields –, scoprì che le sei dimensioni extra della teoria delle stringhe dovevano far parte di uno spazio noto come varietà di Calabi-Yau.
Quando i matematici si gettarono nella mischia per cercare di scoprire quali strutture potessero assumere tali spazi, i fisici riponevano le proprie speranze solo in alcuni candidati. Trovarono invece una marea di Calabi-Yau. I matematici non hanno ancora finito di classificarli. Non hanno neppure stabilito se la loro classificazione abbia un numero finito di elementi.
Studiando questi spazi, matematici e fisici scoprirono un interessante dualità tra le varietà Calabi-Yau. Due varietà che sembrano completamente diverse possono finire col descrivere la stessa fisica. Quest’idea, detta simmetria speculare, è sbocciata in ambito matematico, avviando interi nuovi percorsi di ricerca. La teoria delle stringhe è diventata quasi un parco giochi per matematici, rivelando innumerevoli nuove strade da esplorare.
Mina Aganagic, fisica teorica presso la University of California, Berkeley, crede che la teoria delle stringhe e i temi ad essa correlati continueranno a fornire simili connessioni tra fisica e matematica.
“In un certo senso abbiamo esplorato una parte molto piccola della teoria delle stringhe e un numero veramente esiguo delle sue predizioni,” afferma. I matematici, con il loro interesse per le prove accurate e rigorose, apportano nel campo di ricerca un certo punto di vista e i fisici, inclini a dare priorità alla comprensione intuitiva, ne offrono un altro. “Questo è ciò che rende la relazione così soddisfacente.”
La relazione tra fisica e matematica risale alle origini di entrambe le discipline; nel corso dei rispettivi sviluppi, tale relazione è divenuta sempre più aggrovigliata, un intricato arazzo. Apparentemente non vi è fine agli ambiti in cui un robusto insieme di strumenti di calcolo risulta utile ai fisici, né ai casi in cui le domande indiscrete poste dai fisici possono ispirare i matematici alla creazione di oggetti e teorie matematiche interamente nuove.
Traduzione a cura di Camilla Paola Maglione, Ufficio Comunicazione LNF