Image: REUTERS/Paul Hanna
di Fabiola Gianotti (Direttore Generale, CERN)
Quest’articolo è tratto dal World Economic Forum Annual Meeting
La storia dell’umanità viene spesso presentata come un epico susseguirsi di ascese e cadute di grandi imperi, scontri tra civiltà e conflitti epocali. Ma una narrazione alternativa è possibile: una narrazione in cui il progresso umano venga raccontato come un agevole e costante viaggio verso il miglioramento delle condizioni di tutti. Si tratta della storia delle idee e, in particolare, delle idee scientifiche.
La Scienza è universale e unisce. Una mela cade nello stesso modo, che ciò avvenga in un giardino inglese del XVII secolo, suggerendo a Isaac Newton l’elaborazione delle sue leggi di gravitazione universale, sia che essa cada in qualunque altro luogo della Terra, in qualsiasi momento storico. È proprio quest’universalità – insieme a un amore per la conoscenza e la comprensione condivise da tutta l’umanità – a conferire alla scienza quel potere di trascendere le differenze, culturali e d’ogni altra natura.
Una prima edizione del Philosophiae Naturalis Principia Mathematica di Isaac Newton
Molte delle idee che maggiormente contribuirono alla formazione del mondo moderno sorsero in un passato assai remoto, nell’antica Grecia. È ai Greci che dobbiamo il concetto di atomismo, sviluppatosi agli inizi del V secolo a.C. e così importante nel mio campo, la fisica delle particelle. Ed è a studiosi quali Platone e Aristotele che dobbiamo buona parte della base filosofica del ragionamento scientifico. Spostandoci direttamente agli inizi dell’epoca medievale, osserviamo come lo sviluppo di idee si trasferì in Medio Oriente, mentre l’Europa languiva in un periodo contrassegnato dalla guerra. Furono illustri studiosi mediorientali a offrirci concetti come l’algebra, e ad assicurarsi, attraverso un’opera di traduzione, che il sapere degli antichi Greci non andasse perduto. Quando l’Europa uscì dal Medioevo, i contributi mediorientali allo sviluppo delle idee costituirono la base di un rinascimento scientifico europeo.
Nel corso del tempo le idee fluiscono tra le culture, aggiungendosi al compendio della conoscenza umana e contribuendo ciascuna al miglioramento della qualità della vita di tutti. Laddove le singole culture possono scontrarsi, la conoscenza scientifica si muove sempre in avanti.
Nell’Europa post-bellica degli anni Quaranta l’idea di scienza quale valore universale e unificante, in grado di superare ogni genere di confine, fu presentata da un piccolo gruppo di scienziati e diplomatici idealisti come un modo per garantire al continente un futuro di pace. Il risultato si ebbe nel 1954, con la fondazione, a Ginevra, dell’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare, ovvero il CERN. Creato per fornire all’Europa un centro d’eccellenza per la ricerca fondamentale nel campo della fisica, il CERN aveva anche una seconda missione: promuovere la collaborazione pacifica tra nazioni fino a poco tempo prima in guerra.
La convenzione istitutiva del CERN è un’opera geniale. Apparentemente semplice, essa fornisce un’impalcatura robusta, stabile e flessibile in termini di collaborazione internazionale. Negli oltre 60 anni di esistenza del CERN, è stata messa alla prova in numerose occasioni ed è stata adottata con successo da altre organizzazioni scientifiche. Il modello per la collaborazione internazionale del CERN è incentrato sul riconoscimento della forza insita nella diversità, del potere di condivisione e dei vantaggi che si ottengono quando persone vicine lavorano insieme per raggiungere obiettivi comuni.
Il risultato finale è il fatto che il CERN sia cresciuto affermandosi come il principale istituto al mondo per la ricerca nell’ambito della fisica delle particelle. È stata una calamita per i talenti scientifici provenienti da ogni parte del mondo. Dagli originari 12 stati fondatori, esso conta oggi 22 membri, cui si aggiungono 8 membri associati; quasi 17000 scienziati di oltre 100 diverse nazionalità vengono qui per condurre le proprie ricerche.
Negli anni Sessanta, il CERN collaborò sia con gli Stati Uniti che con l’URSS, con un risultato alquanto sorprendente: il laboratorio giocò un ruolo piccolo ma significativo quando a Ginevra, negli anni Settanta, furono avviate le trattative per la limitazione degli armamenti strategici. Il CERN fornì un terreno neutrale. Il suo modello si è dimostrato efficace in un settore in cui i progetti prevedono tempi di realizzazione lunghi e la continuità è un elemento essenziale. Un aspetto forse ancor più importante è che tale modello costituisca uno schema di cooperazione in un mondo fratturato.
Così come la scienza fu impiegata, attraverso il CERN, quale veicolo di pace nell’Europa degli anni Quaranta, la stessa idea viene applicata oggi in Medio Oriente. La differenza principale è che, mentre i protagonisti della Seconda Guerra Mondiale avevano deposto le armi prima che il CERN venisse istituito, molti dei partner del progetto SESAME permangono in una situazione conflittuale. SESAME è un laboratorio ospitato dalla Giordania e che coinvolge Cipro, Egitto, Iran, Israele, Giordania, Autorità palestinese e Pakistan. A dispetto delle differenze tra i suoi membri, il sogno di una rinnovata cooperazione scientifica in Medio Oriente è sopravvissuto per più di vent’anni dalla prima volta in cui fu ventilata l’ipotesi di creare un CERN per questa regione. Il laboratorio ha perseverato e alla fine del 2017 ha prodotto i suoi primi risultati scientifici.
La scienza offre una base per il progresso e la reciproca comprensione, ma non può da sola sanare le spaccature del mondo. La società nel suo insieme può prendere esempio dal modo in cui la scienza opera. Mentre procediamo in un futuro incerto, di una cosa possiamo essere sicuri: qualsiasi cosa facciamo, la scienza non conosce confini e ci saranno sempre persone pronte a spingersi oltre i limiti per promuovere ulteriormente il patrimonio delle conoscenze umane a beneficio di tutti. Facciamo in modo che il prossimo capitolo della storia dell’Umanità si fondi su una narrazione delle idee piuttosto che su quella del conflitto.
Traduzione a cura di Camilla Paola Maglione, Ufficio Comunicazione INFN-LNF