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Traduzione dell’articolo di Madeleine O’Keefe apparso su Symmetry Magazine il 28/1/2020:
https://www.symmetrymagazine.org/article/fine-tuning-versus-naturalness
Quando i parametri osservati sembrano dover essere sottoposti a un “aggiustamento” (in gergo “fine-tuning” – NdT) per comprovare una certa teoria, alcuni fisici lo considerano una casualità. Altri vogliono scavare più a fondo.
Quando, nel 2012, i fisici videro il bosone di Higgs per la prima volta, notarono che la sua massa era davvero piccola: 125 miliardi di elettronvolt, o 125 GeV. Tale misura divenne un caso esemplare di una questione che affligge oggi fisici delle particelle e astrofisici: il dilemma fine-tuning-naturalezza.
Per comprendere cosa ci sia di sospetto nel fatto che la massa dell’Higgs osservabile fosse così bassa, prima di tutto occorre sapere che si tratta in realtà della somma di due termini: la massa “nuda” dell’Higgs (che non conosciamo) più i contributi di tutte le altre particelle del Modello Standard, noti collettivamente come “correzioni quantistiche”.
Il secondo numero dell’equazione è un valore negativo enorme, dell’ordine di meno 1018 GeV. Rispetto a quest’ultimo, il risultato dell’equazione, 125 GeV, è estremamente basso, prossimo allo zero. Ciò significa che il primo numero – ovvero la massa nuda dell’Higgs – deve corrispondere pressappoco al valore opposto, tale quasi da annullarlo. Per alcuni fisici si tratta di una casualità troppo strana per essere accettata.
O magari non è la massa dell’Higgs a fare il lavoro pesante; potrebbero anche esserci ulteriori contributi in aggiunta alle correzioni quantistiche e di cui i fisici non sono ancora a conoscenza.
In ogni caso, a molti fisici delle particelle questa situazione non piace. Non si conosce nessuna ragione alla base di questi annullamenti quasi puntuali e insistere che “le cose sono come sono” è insoddisfacente.
I parametri osservabili che non sembrano emergere naturalmente da una teoria, ma devono essere invece deliberatamente manipolati per soddisfarla, vengono definiti “aggiustamenti” (finely tuned – NdT).
In generale, ciò che vogliamo dalle nostre teorie – e in un certo senso, dal nostro universo – è che nulla risulti troppo artificioso.
In una teoria, “quando si finisce per avere numeri molto distanti tra loro in termini di grandezza, si può pensare che si tratti solo di una semplice rappresentazione di come funziona la natura e che la dimensione delle grandezze non abbia alcun significato particolare,” afferma Vera Martinez Outschoorn, assistente professore di fisica alla University of Massachusetts ad Amherst.
“In alternativa, si possono avanzare soluzioni per porre rimedio all’aggiustamento, il che solitamente richiede l’aggiunta manuale di nuove particelle”.
Sul versante opposto al fine-tuning troviamo la naturalezza. “Sono un po’ come le due facce di una stessa moneta”, spiega la teorica Stefania Gori, assistente di fisica presso la University of California di Santa Cruz. “Definiamo una teoria naturale quando può essere scritta con parametri che siano praticamente tutti dello stesso ordine di grandezza”.
Perciò, quanti aggiustamenti dovremmo concederci nel fare teoria? “È una delle principali discussioni che potrebbero decidere il futuro della fisica delle particelle”, afferma il fisico sperimentale Lawrence Lee Jr., postdoc presso il Laboratorio di Fisica delle Particelle e Cosmologia della Harvard University, che lavora all’esperimento ATLAS al CERN.
Quali sono le mie motivazioni?
Forse i primi scritti sul dibattito fine-tuning verso naturalezza apparvero nel 1937, con l’”ipotesi dei grandi numeri” di Paul Dirac: un tentativo di dare un senso alle enormi costanti dell’universo comparando i loro rapporti. La scoperta del quark charm fu motivata dalla ricerca di naturalezza; gli scienziati teorizzarono l’esistenza di questa particella per spiegare l’assenza di un’interazione particellare che era stata prevista.
“Da un punto di vista sperimentale, il problema del fine-tuning risulta davvero utile nel senso che guida le nostre indagini”, dice Joseph Haley, professore associato di fisica alla Oklahoma State University.
A volte, spiega, un parametro sembra necessitare un aggiustamento (come la massa dell’Higgs) finché gli esperimenti non rivelano un problema di fondo, nascosto – qualche componente aggiuntivo dell’equazione che prima ignoravamo. “Una volta che disponiamo di una teoria più completa, è come constatare che ‘oh, avrebbe dovuto essere quel valore fin dall’inizio, solo non era chiaro il perché’”.
Lee, che è anche uno sperimentale, afferma che il proprio lavoro di ricerca è fortemente motivato dal problema del fine-tuning. “In generale, ciò che vogliamo dalle nostre teorie – e in un certo senso, dal nostro universo – è che niente appaia troppo artificioso”.
Tuttavia, non tutti i fisici considerano un problema le situazioni definite di fine-tuning. Per loro, non dev’esserci per forza una ragione se due parametri hanno valori opposti quasi uguali che li portano ad annullarsi. Dopotutto, le coincidenze capitano.
Per esempio, il sole e la luna, visti dalla terra, hanno all’incirca le stesse dimensioni. Ciò significa che, quando ci troviamo perfettamente allineati, la luna oscura il sole interamente, dando origine a un’eclissi solare totale. Abbiamo accettato che non esiste alcuna ragione scientifica per questo, e gli esperti hanno persino calcolato in che misura le dimensioni coincidenti del sole e della luna sono “aggiustate”: 2% o 1 su 50. (Lee osserva come questa felice coincidenza sia ancora lontanissima dal paradosso della massa dell’Higgs, il quale richiederebbe un ritocco dell’ordine di 1 su 1034).
Altri fisici affermano che sarebbe bello liberarsi dell’apparente fine-tuning, ma fare questo non costituisce necessariamente il volano della loro attività di ricerca. “La naturalezza è qualcosa che motiva molto il lavoro che facciamo a livello sperimentale, ma non è di sicuro l’unico fattore” spiega Martinez Outschoorn. Quest’ultima si occupa di una teoria chiamata supersimmetria, che potrebbe risolvere il problema del fine-tuning relativamente al bosone dell’Higgs e, al tempo stesso, fornire anche un candidato come particella di materia oscura.
Per quanto siano infastiditi dall’apparente fine-tuning, in un mondo ideale i fisici troveranno la conclusiva Teoria del Tutto, in grado di spiegare le cause profonde di ogni parametro osservato nell’universo. Se mai i fisici raggiungeranno tale risultato, dice Haley, “Allora sapremo di aver trovato davvero la soluzione alle leggi della fisica”.
Traduzione a cura di Camilla Paola Maglione, Ufficio Comunicazione INFN-LNF