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Cosa c’è ancora da scoprire sull’antimateria?

26 Marzo 2020

Artwork by Sandbox Studio, Chicago

Traduzione dell’articolo di Sarah Charley apparso su Symmetry Magazine l’11/4/2017:
https://www.symmetrymagazine.org/article/whats-left-to-learn-about-antimatter


Alcuni esperimenti al CERN studiano le antiparticelle.

Che cos’hanno in comune gamberetti, palle da tennis e pulsar? Sono tutti composti di materia.
A dire il vero, la risposta è un pretesto, ma mette in luce quello che per gli scienziati rappresenta un grande, ostinato dilemma: perché tutto è fatto di materia quando esiste un sostituto perfettamente adeguato, l’antimateria?
Il laboratorio europeo del CERN ospita diversi esperimenti volti a determinare le proprietà delle particelle di antimateria, che quasi mai sopravvivono nel nostro mondo dominato dalla materia.
Le particelle (quali protoni ed elettroni) hanno dei sosia di antimateria dotati di carica opposta (nell’esempio, antiprotoni e antielettroni). Essendo uguali ma opposti, quando una particella e il suo partner di antimateria si incontrano, si annichilano.
L’antimateria non è stata sempre così rara. Ricerche teoriche e sperimentali suggeriscono che subito dopo la nascita del nostro universo materia e antimateria fossero presenti in eguale quantità. Tuttavia, 13,8 miliardi di anni più tardi, nell’universo visibile sono rimaste solo le strutture composte di materia.
Gli scienziati hanno riscontrato delle piccole differenze tra il comportamento delle particelle di materia e quello delle antiparticelle, ma non tale da spiegare lo squilibrio che ha portato l’antimateria a scomparire laddove la materia sopravviveva. Gli esperimenti al CERN lavorano per risolvere il mistero affidandosi a tre diverse strategie.

Artwork by Sandbox Studio, Chicago
 

Antimateria al microscopio

È risaputo che il CERN è la casa del Large Hadron Collider, l’acceleratore di particelle con la più alta energia che ci sia al mondo. Meno noto, invece, è il fatto che esso ospiti anche il più potente deceleratore al mondo – una macchina che decelera le antiparticelle fin quasi ad arrestarle.
Il deceleratore di antiprotoni è alimentato dal complesso di acceleratori del CERN. Un fascio di protoni energetici viene deviato dal Proton Synchrotron contro una parete di metallo, dando origine così a una moltitudine di nuove particelle, inclusi alcuni antiprotoni. Gli antiprotoni vengono poi focalizzati in un fascio di particelle e rallentati da campi elettrici presenti nel deceleratore di antiprotoni. Da qui, essi vengono immessi in vari esperimenti sull’antimateria, i quali intrappolano gli antiprotoni all’interno di potenti campi magnetici.
“Tutti questi esperimenti cercano delle differenze tra materia e antimateria che non siano state previste dalla teoria”, spiega Will Bertsche, ricercatore presso la University of Manchester, che lavora alla fabbrica di antimateria del CERN. “Stiamo tutti provando a rispondere al grande interrogativo: perché l’attuale universo è fatto di materia e non di antimateria?”.
Raffreddando e intrappolando l’antimateria, gli scienziati possono esaminarne approfonditamente le proprietà senza preoccuparsi che le loro particelle incontrino spontaneamente un compagno di materia e scompaiano. Alcune trappole sono in grado di preservare gli antiprotoni per più di un anno. È possibile inoltre combinare antiprotoni e positroni (ossia gli antielettroni) per ottenere dell’anti-idrogeno.
“L’anti-idrogeno è affascinante perché ci permette di osservare come l’antimateria interagisce con se stessa” afferma Bertsche. “Riusciamo ad avere un’idea di come si comporterebbe un universo specchio fatto di antimateria”.
Massa, carica, spettro della luce e proprietà magnetiche degli antiprotoni e dell’anti-idrogeno sono stati misurati con elevata precisione dagli scienziati che lavorano presso la fabbrica di antimateria del CERN. Indagano inoltre in che modo gli atomi di anti-idrogeno sono influenzati dalla gravità; ovvero, gli anti-atomi cadono verso l’alto o verso il basso? Esiste persino un esperimento che si propone di creare una gamma di ibridi materia-antimateria, come ad esempio un atomo di elio in cui uno degli elettroni sia sostituito con un antiprotone orbitante.
Per ora tutte le misure effettuate sull’antimateria intrappolata combaciano con la teoria: fatta eccezione per la carica e lo spin opposti, l’antimateria sembra in tutto e per tutto identica alla materia. Tuttavia questi risultati positivi non scoraggiano Bertsche dal cercare delle sorprese legate all’antimateria. Devono esserci delle disparità – non previste – tra queste particelle gemelle che possano spiegare perché, nell’universo primordiale, la materia vinse la battaglia sull’antimateria.
“In questo modello manca qualcosa” afferma Bertsche. “E nessuno è certo di cosa sia”.

 

Antimateria in moto

L’esperimento LHCb si propone di rispondere alla stessa domanda, osservando però particelle di antimateria non intrappolate. Gli scienziati di LHCb studiano come si comportano le antiparticelle libere mentre si muovono e trasformano all’interno di un rivelatore.
“Stiamo registrando come particelle instabili di materia e antimateria decadono in sciami di particelle e gli schemi che producono quando questo si verifica,” spiega Sheldon Stone, professore all’università di Syracuse che lavora all’esperimento LHCb. “Non possiamo effettuare questo tipo di misure se le particelle non si muovono”.
Gli esperimenti su particelle in movimento hanno già osservato piccole differenze tra le particelle di materia e quelle di antimateria. Nel 1964 alcuni scienziati del Brookhaven National Laboratory notarono che i kaoni neutri (particelle contenenti un quark strano e un quark down) decadono in particelle di materia e antimateria a un tasso leggermente diverso, osservazione che avrebbe valso loro il Premio Nobel nel 1980.
Raccogliendo questa eredità, l’esperimento LHCb ricerca ulteriori discrepanze tra le metamorfosi delle particelle di materia e antimateria. Recentemente gli studiosi hanno osservato come una particella figlia di determinati barioni (particelle contenti tre quark) di antimateria presenti un’orientazione nello spazio leggermente diversa rispetto a quella delle sue controparti di materia.
Ma, nonostante il successo ottenuto nel rivelare tali discrepanze, gli scienziati sono ancora molto lontani dal comprendere il motivo per cui l’antimateria è sparita quasi del tutto.
“La teoria ci dice che siamo ancora lontani di nove ordini di grandezza“ spiega Stone, “Non ci resta che domandarci, dov’è finita? Qual è il tallone d’Achille dell’antimateria che ha accelerato la sua scomparsa?”.

Artwork by Sandbox Studio, Chicago

 

Antimateria nello spazio

La maggior parte degli esperimenti dedicati all’antimateria che hanno sede al CERN producono antiparticelle accelerando e facendo collidere protoni. Uno di essi, invece, va in cerca di antimateria non prodotta dall’uomo che vaga libera per lo spazio.
L’ Alpha Magnetic Spectrometer è un esperimento internazionale supportato dal Dipartimento per l’Energia degli Stati Uniti e dalla NASA. Questo rivelatore di particelle è stato assemblato al CERN ed è attualmente installato sulla Stazione Spaziale Internazionale, dove orbita intorno alla Terra a 400 chilometri dalla superficie. Esso registra momento e traiettoria di circa un miliardo di particelle vagabonde al mese, compreso un milione di antiparticelle.
I nuclei nomadi di antimateria potrebbero essere solitarie reliquie provenienti dal Big Bang oppure residui erranti di fusione nucleare avvenuta all’interno di stelle di antimateria.
Tuttavia l’esperimento AMS ricerca fenomeni che non vengono spiegati dai modelli cosmologici di cui disponiamo attualmente. Una delle sue missioni è quella di cercare un’antimateria così complessa e resistente che non possa essere stata prodotta dalle normali collisioni di particelle nello spazio.
“La maggior parte degli scienziati accettano che l’antimateria sia scomparsa dal nostro universo perché è in una certa misura meno resiliente rispetto alla materia” dice Mike Capell, ricercatore al MIT e vice portavoce dell’esperimento AMS. “Ci chiediamo però, e se l’antimateria non fosse mai scomparsa? Se fosse ancora là fuori?”.
Se esistesse un regno dell’antimateria, gli astronomi si aspetterebbero di osservare bollicine di gas e luccichii dovuti a vasti fenomeni di annichilazione al confine con il nostro spazio dominato dalla materia. Non è così. Almeno non ancora. Poiché il nostro universo è così immenso (e in continua espansione), i ricercatori dell’esperimento AMS ipotizzano che tali zone di intersezione siano troppo fioche o distanti per i nostri telescopi.
“Abbiamo già delle difficoltà a osservare lo spazio profondo” afferma Capell. “Dal momento che non abbiamo mai visto un settore in cui la materia incontra l’antimateria, non sappiamo come apparirebbe”.
AMS ha raccolto dati per sei anni. A partire da circa 100 miliardi di raggi cosmici, sono stati identificati pochi eventi insoliti con caratteristiche proprie dell’anti-elio. Data la scarsità del campione di dati, è impossibile stabilire se questi eventi anomali siano i primi messaggeri provenienti da una galassia di antimateria o semplicemente parte del fondo caotico.
“Si tratta di un risultato entusiasmante” commenta Capell, “Tuttavia, siamo ancora scettici. Abbiamo bisogno di dati da molti più raggi cosmici prima di determinare l’identità di queste particelle anomale”.

 

Traduzione a cura di Camilla Paola Maglione, Ufficio Comunicazione INFN-LNF
Revisione a cura di Erika De Lucia, ricercatore INFN-LNF

Ultima modifica: 26 Marzo 2020