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Cosa possono dirci le onde gravitazionali sulla materia oscura

1 Agosto 2019

Artwork by Sandbox Studio, Chicago

Traduzione dell’articolo di Caitlyn Buongiorno apparso su Symmetry Magazine il 7/5/2019:
https://www.symmetrymagazine.org/article/what-gravitational-waves-can-say-about-dark-matter


Gli scienziati ritengono che – in determinate circostanze – la materia oscura possa generare onde gravitazionali abbastanza potenti da poter essere rivelate attraverso strumentazioni come LIGO.

 

Nel 1916, Albert Einstein pubblicava la sua teoria della relatività generale, fondando la moderna concezione della gravità quale deformazione del tessuto dello spazio-tempo. La teoria prevedeva che l’interazione degli oggetti con la gravità potesse disturbare quel tessuto, diffondendovi delle increspature.

Qualsiasi oggetto che interagisca con la gravità può creare delle onde gravitazionali. Ma solo gli eventi cosmici più catastrofici producono onde abbastanza potenti da permetterci di rivelarle. Ora che gli osservatori hanno iniziato a registrare onde gravitazionali con regolarità, gli scienziati discutono di come la materia oscura – che a oggi sappiamo interagire con il resto della materia unicamente attraverso la gravità – potrebbe generare onde gravitazionali abbastanza forti da essere individuate.

 

La coperta dello spazio-tempo

Nell’Universo, spazio e tempo sono invariabilmente legati in uno spazio-tempo quadridimensionale. Per semplicità, si può pensare a esso come a una coperta sospesa sopra la terra. Su quella coperta Giove apparirebbe come un singolo cereale, il Sole come una pallina da tennis e R136a1 – la stella più massiva conosciuta – come una palla medica da 20 chili.

Ognuno di questi oggetti pesa sulla coperta nel punto in cui vi si posa: maggiore è il suo peso, più grande è l’avvallamento creato in essa. Come oggetti di differente peso su una coperta, corpi aventi masse diverse producono effetti diversi sul tessuto dello spazio-tempo. Un avvallamento nello spazio-tempo corrisponde a un campo gravitazionale.

Il campo gravitazionale di un oggetto può influenzare un altro oggetto. Quest’ultimo potrebbe cadere nel campo gravitazionale del primo e orbitare intorno a esso, come la Luna intorno alla Terra o la Terra intorno al Sole.

Altrimenti, due corpi dotati di campo gravitazionale potrebbero muoversi a spirale l’uno verso l’altro, avvicinandosi sempre di più fino a collidere. Quando ciò si verifica, essi creano delle increspature nello spazio-tempo: le onde gravitazionali.

Il 14 settembre 2015 alcuni scienziati utilizzarono il Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory, LIGO, per compiere la prima osservazione diretta di onde gravitazionali, parte dell’energia accumulata nella collisione tra due buchi neri massicci.

Dal primo rilevamento, la collaborazione LIGO – insieme a quella che gestisce un osservatorio per onde gravitazionali partner, Virgo (in Italia) – ha rivelato onde gravitazionali da almeno altre 10 fusioni tra buchi neri e, nel 2017, per la prima volta, onde derivanti dalla fusione tra due stelle di neutroni.

Si ritiene che la materia oscura sia cinque volte più abbondante di quella visibile. I suoi effetti gravitazionali si osservano in tutto l’Universo. Gli scienziati non possono ancora affermare con certezza di aver visto delle onde gravitazionali prodotte da materia oscura, ma hanno in mente svariati modi in cui questo potrebbe verificarsi.

 

Buchi neri primordiali

Gli scienziati hanno osservato gli effetti gravitazionali della materia oscura, quindi sanno che deve esistere – o almeno dev’esserci qualcosa all’origine di quegli effetti. Tuttavia finora non hanno mai rivelato una particella di materia oscura in maniera diretta perciò non sanno esattamente come sia fatta.

Un’ipotesi è che parte della materia oscura consista in realtà in buchi neri primordiali.

Pensate all’Universo come a un’immensa provetta. In questo scenario, il Big Bang è il punto dove la materia (nell’esempio, i batteri) inizia a crescere. Quel punto si espande rapidamente, muovendosi verso l’esterno fino a coprire una superficie sempre maggiore della provetta. In caso di crescita leggermente disomogenea, alcune aree presenteranno una concentrazione di materia più elevata.

Queste sacche di materia densa – principalmente fotoni in questa fase dell’Universo – potrebbero essere collassate sotto l’effetto della loro stessa gravità formando i primi buchi neri.

“La trovo una teoria interessante, interessante quanto un nuovo tipo di particella” afferma Yacine Ali-Haimoud, assistente di fisica presso la New York University. “Se i buchi neri primordiali esistono davvero, essa avrebbe profonde implicazioni rispetto alle condizioni dell’Universo allo stadio iniziale”.

Usando le onde gravitazionali per conoscere le proprietà dei buchi neri, LIGO potrebbe essere in grado di provare o vincolare questa teoria della materia oscura.

Diversamente dai buchi neri ordinari, i buchi neri primordiali, per formarsi, non devono raggiungere una soglia di massa minima. Ad esempio, se LIGO dovesse individuare un buco nero meno massiccio del Sole potrebbe trattarsi di un buco nero primordiale.

Anche se i buchi neri primordiali esistessero, è improbabile che rappresentino tutta la materia oscura presente nell’Universo. Tuttavia, trovare una prova della loro esistenza amplierebbe la nostra comprensione fondamentale della materia oscura e dell’origine dell’Universo.

 

Sonagli di stelle di neutroni

La materia oscura sembra interagire con quella ordinaria solo attraverso la gravità ma, in base al modo in cui le particelle conosciute interagiscono, i teorici ritengono possibile che la materia oscura interagisca anche con se stessa.

In tal caso, le particelle di materia oscura potrebbero legarsi e formare degli oggetti oscuri, compatti quanto una stella di neutroni.

Sappiamo che le stelle “pesano” significativamente sul tessuto dello spazio-tempo circostante. Se l’Universo fosse popolato di oggetti oscuri compatti, ci sarebbe una possibilità che almeno alcuni di essi finiscano intrappolati all’interno di stelle di materia ordinaria.

Una stella ordinaria e un oggetto oscuro interagirebbero solo mediante la gravità, permettendo a entrambi di coesistere senza troppi problemi. Ma qualsiasi perturbazione della stella – ad esempio l’esplosione di una supernova – creerebbe una confusione simile a quella provocata da un sonaglio tra la stella di neutroni risultante e l’oggetto oscuro intrappolato. Se un evento simile si verificasse nella nostra galassia, genererebbe onde gravitazionali distinguibili.

“Conosciamo molto bene le stelle di neutroni” dice Sanjay Reddy, ordinario di fisica presso la University of Washington e senior fellow dell’Institute for Nuclear Theory. “Se accadesse qualcosa di “strano” in termini di onde gravitazionali, sapremmo che potenzialmente sta succedendo qualcosa di nuovo che potrebbe avere a che fare con la materia oscura”.

La probabilità che qualcosa esista nel nostro sistema solare è limitata. Recentemente Chuck Horowitz, Maria Alessandra Papa e Reddy hanno analizzato i dati forniti da LIGO senza trovare traccia di oggetti oscuri compatti dotati di una certa massa e con un raggio dell’ordine di quello della Terra, di Giove o del Sole.

Ulteriori studi sulle onde gravitazionali potrebbero porre altri vincoli alla teoria degli oggetti oscuri compatti. “I vincoli sono importanti” spiega Ann Nelson, professore di fisica della University of Washington. “Ci permettono di migliorare le teorie esistenti e persino di formularne di nuove”.

 

Stelle di assioni

Un candidato leggero alla materia oscura è l’assione, così battezzato dal fisico Frank Wilczek dalla marca di detersivi, in riferimento alla sua abilità di lavar via un problema presente nella teoria della cromodinamica quantistica.

Secondo gli scienziati gli assioni potrebbero legarsi insieme formando delle stelle, simili a quelle di neutroni ma composte di materia di assioni estremamente compatta.

“Se gli assioni esistono, si prospettano scenari in cui possono aggregarsi creando oggetti stellari, come avviene con la materia ordinaria” afferma il fisico Tim Dietrich, membro della collaborazione LIGO-Virgo. “Non sappiamo se le stelle di assioni esistano e non lo sapremo con certezza fin quando non troveremo dei vincoli per i nostri modelli”.

Se una stella di assioni si fondesse con una di neutroni, gli scienziati potrebbero non essere in grado di distinguere tra le due ricorrendo alle strumentazioni esistenti. Occorrerebbe invece affidarsi ai segnali elettromagnetici che accompagnano l’onda gravitazionale per identificare l’anomalia.

È anche possibile che gli assioni si raggruppino attorno a un sistema binario di buchi neri o di stelle di neutroni. Se queste ultime dovessero poi fondersi, le variazioni nella “nuvola” di assioni risulterebbero visibili nel segnale di onda gravitazionale. Una terza possibilità è che gli assioni vengano generati dalla fusione, un’azione che si rifletterebbe nel segnale.

Nella primavera del 2019 le collaborazioni LIGO-Virgo hanno dato il via alla loro terza campagna di osservazione e, grazie ai nuovi aggiornamenti, si aspettano di rivelare un evento di fusione a settimana.

I rivelatori di onde gravitazionali hanno già dimostrato il proprio valore confermando la centenaria predizione di Einstein. Ma gli studi sulle onde gravitazionali possono insegnarci ancora molto. “Le onde gravitazionali si presentano per la scienza come un senso completamente nuovo” afferma Ali-Haimoud. “Un senso nuovo significa nuovi modi di guardare a tutte le grandi domande della fisica”.

 

Traduzione a cura di Camilla Paola Maglione, Ufficio Comunicazione INFN-LNF

Ultima modifica: 1 Agosto 2019